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Reliquiario per Louis e Zelie Martin

Roma, Italia - 2015

architetto Vincenzo Zuppardo

pitture Roberto Alabiso

argento Piero Accardi

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Reliquiario argento e vetro
Reliquiario
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Reliquiario per Louis e Zelie Martin - Esperienza di collaborazione

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Il 18 luglio 2015 arriva a L’Opificio delle Arti la richiesta di realizzare il reliquiario per la canonizzazione dei coniugi Zelia e Luigi Martin. Avvertiamo che è un'opportunità eccezionale: mio figlio, l’architetto Vincenzo Zuppardo, partendo dalle indicazioni iconografiche del vicepostulatore Padre Antonio Sangalli, sviluppa il progetto;  l'argentiere Pietro Accardi, che di reliquiari ha esperienza, inizia a lavorare nella struttura d'argento e il pittore Roberto Alabiso nelle formelle in vetro dipinto con le allegorie delle virtù teologali e cardinali. Il lavoro è intenso, anche a ferragosto, la scadenza è perentoria. Ma ad un certo punto si deve interrompere perché non arriva la medaglia commemorativa, non ancora pronta, che Padre Antonio vuole inserire alla base del reliquiario. Avevo chiesto le misure delle reliquie per realizzare la teca. Arrivano invece proprio le reliquie dei Santi Coniugi. Non sappiamo cosa fare. Letizia propone di pregare, io chiamo mia moglie che essendo chirurgo certamente sa come trattarle. Angela, con camice e guanti, fa la ricognizione, io le misuro con il calibro. Poi le portiamo a Siracusa dove Nino Terzo le sigilla in cilindri di vetro con broccati preziosi.

Intanto i vetri dipinti a fuoco con le allegorie delle virtù, tanto fuori moda quanto necessarie oggi, sono pronte ma il lavoro dell'argentiere è fermo perché la medaglia ancora non arriva.

 

A meno di un mese dalla data prevista per la canonizzazione propongo di trovare un'alternativa: una scritta o un'incisione, magari con il disegno della medaglia; può essere un'occasione per entrare in contatto con lo scultore che l'ha modellata.  Ma Fabio Regazzoni, collaboratore del vicepostulatore, mi riferisce la determinazione di Padre Antonio di inserire nel reliquiario la medaglia.  Questa arriva a dieci giorni dal fatidico 18 ottobre, troppo tardi! Ma ci siamo detti: "Dobbiamo farcela!". E due ore prima che parta la nave per Napoli, venerdì 16, è pronta anche la custodia dello scatolificio Di Fresco.

Partiamo in quattro: io e mia moglie, e i nostri amici Rino e Letizia. 

Sulla nave portiamo  la grande scatola in cabina dove preghiamo: "Luigi e Zelia pregate per noi".

Lungo l'autostrada da Napoli a Roma ricevo una telefonata: “Dovete portare il reliquiario in Piazza San Pietro dove vi aspetta Padre Antonio". Lo troviamo nervoso: "Dovevate arrivare ieri!". Prende la scatola e dopo avere spacchettato il reliquiario, per non metterlo nel metal detector, corre verso il sagrato. Dopo qualche ora era felice e tranquillo sotto il colonnato del Bernini, con Regazzoni carico del reliquiario da portare a San Luigi dei Francesi e con le monache di Lisieux alle quali mi presenta. La Madre superiora, in francese mi ringrazia e io: "Noi siciliani abbiamo un grande debito verso voi normanni; senza di voi non saremmo cristiani". Padre Antonio traduce e la suora si illumina in un sorriso.

La sera la chiesa di San Luigi dei Francesi è gremita, una imponente processione, con diversi vescovi, presbiteri e accoliti percorre il corridoio centrale, in coda Padre Antonio Sangalli con il reliquiario che solennemente viene posto sull'altare.

La veglia si svolge in francese ma le testimonianze sui due miracoli sono in italiano. La prima di un medico di Monza dove dodici anni fa, neonato, è stato ricoverato Pietro Schilirò che inspiegabilmente è guarito. Al termine della veglia si forma una coda di francesi che pazientemente attendono  per sostare pochi secondi davanti al reliquiario che carezzano e baciano. Che impressione: vedere la nostra opera così ossequiata! Naturalmente non alla teca si rivolge la venerazione ma a quei due ossicini che, mostrano il più ambizioso e ragionevole degli ideali: la santità. La santità che, come medito durante la liturgia nel francese che non ho studiato, non è solo una faccenda di spirito ma anche di corpo e materia; mi chiedo il senso di tanta venerazione. Certamente c'entra con la fede nella resurrezione della carne che professiamo ogni domenica a Messa; quei due ossicini si ricomporranno e riprenderanno vita. A pochi metri dal reliquiario che stranamente non sfigura al confronto, le celeberrime tele di Caravaggio: il Martirio di San Matteo, San Matteo e l'Angelo e la Vocazione di San Matteo.  

Domenica 18 Ottobre, in piazza San Pietro è un avvenimento grandioso e quando tutto sembra terminato e la piazza si sfolla incontro Padre Antonio Sangalli stanco ma contento. Quando riprendiamo la via del ritorno, in auto, senza le reliquie, sentiamo un forte senso di vuoto e ci accorgiamo di quella presenza che ci ha accompagnati all'andata e che, per un mese, abbiamo custodito in casa rivelando il segreto solo a qualche amico fidato. In nave recitiamo il Rosario ed è come gridare a qualcuno che è rimasto a Roma eppure è ancora con noi. 

 

Calogero Zuppardo

(Scritto durante la navigazione da Napoli a Palermo la notte tra il 18 e il 19 Ottobre 2015)

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